Open finance: la nuova architettura della banca del futuro
Il settore finanziario sta vivendo una trasformazione epocale: dalla chiusura proprietaria dei dati all’apertura collaborativa degli ecosistemi. L’open finance rappresenta il nuovo paradigma competitivo dove la condivisione diventa strategia
Il modello tradizionale del sistema bancario, fondato sulla proprietà esclusiva dei dati dei clienti e sull’integrazione verticale dei servizi, sta cedendo il passo a un’architettura radicalmente diversa. L’open finance non è semplicemente un’evoluzione tecnologica, ma una rivoluzione strategica e culturale che ridefinisce i confini tra banche, fintech, aziende tecnologiche e fornitori di servizi specializzati. In questo nuovo ecosistema, il valore non deriva più dalla custodia gelosa delle informazioni, ma dalla capacità di condividerle in modo sicuro e controllato, creando servizi innovativi attraverso l’integrazione di dati e funzionalità provenienti da attori diversi.
Questa trasformazione, iniziata con la Direttiva PSD2 e l’introduzione dell’open banking, sta ora estendendosi all’intero universo finanziario attraverso l’open finance, abbracciando non solo i pagamenti ma anche investimenti, assicurazioni, credito e gestione patrimoniale. Per il sistema finanziario italiano, caratterizzato da una forte presenza di banche tradizionali e da un ecosistema fintech in rapida crescita, comprendere e cavalcare questa evoluzione rappresenta una priorità strategica.
Dall’open banking all’open finance: un cambio di paradigma
L’open banking, introdotto in Europa con la Direttiva PSD2 (Payment Services Directive 2) entrata in vigore nel 2018, ha rappresentato il primo passo verso l’apertura del sistema finanziario. Il principio fondamentale era semplice ma rivoluzionario: i clienti sono i proprietari dei propri dati bancari e possono autorizzare terze parti (Third Party Providers – TPP) ad accedervi per fornire servizi innovativi.
La PSD2 ha introdotto due categorie di fornitori di servizi terzi:
- AISP (Account Information Service Providers): aggregatori di informazioni che permettono ai clienti di visualizzare tutti i propri conti bancari in un’unica interfaccia
- PISP (Payment Initiation Service Providers): operatori che possono iniziare pagamenti direttamente dal conto corrente del cliente senza passare per carte di credito o altri intermediari
In Italia, realtà come Satispay hanno sfruttato queste opportunità per creare ecosistemi di pagamento alternativi, mentre piattaforme come Bancomat Pay hanno evoluto i loro servizi integrando funzionalità di account aggregation per offrire una visione unificata delle finanze personali.
Tuttavia, l’open banking presenta limitazioni significative: si concentra esclusivamente sui conti di pagamento e sulle transazioni, escludendo altri prodotti finanziari come mutui, prestiti personali, investimenti, assicurazioni e pensioni. È qui che entra in gioco l’open finance, un concetto molto più ampio che estende i principi di apertura e condivisione dei dati all’intero spettro dei servizi finanziari.
L’open finance trasforma radicalmente il modo in cui i servizi finanziari vengono progettati, distribuiti e consumati:
- Un cliente può autorizzare l’accesso ai dati del proprio portafoglio di investimenti per ricevere consulenza personalizzata da robo-advisor di terze parti
- Una PMI può condividere i dati dei flussi di cassa e delle transazioni commerciali con piattaforme di invoice financing per ottenere credito istantaneo
- Un consumatore può consentire a una compagnia assicurativa di accedere ai dati delle proprie abitudini di guida per ottenere polizze auto personalizzate con premi basati sul comportamento effettivo
L’evoluzione normativa: PSD3, FIDA e il nuovo framework europeo
L’Unione Europea sta costruendo un framework normativo progressivamente più ambizioso per realizzare la visione dell’open finance. Due pilastri normativi emergenti definiranno il futuro prossimo: PSD3 e FIDA.
PSD3: potenziare l’open banking
La terza versione della Payment Services Directive, attualmente in fase di elaborazione, mira a perfezionare e rafforzare il modello introdotto dalla PSD2, affrontando le criticità emerse nei primi anni di applicazione:
Miglioramento dell’accesso ai dati: la PSD2 ha creato asimmetrie tra banche e TPP. Mentre le banche mantengono il controllo diretto sui dati dei clienti, i TPP devono passare attraverso API che spesso presentano limitazioni tecniche, instabilità e livelli di servizio inadeguati. PSD3 introdurrà requisiti più stringenti sulla qualità, affidabilità e standardizzazione delle API, garantendo parità di condizioni.
Ampliamento del perimetro: PSD3 potrebbe estendere l’obbligo di apertura anche a servizi finanziari attualmente esclusi, creando un ponte verso il framework FIDA più ampio.
Rafforzamento della sicurezza: l’autenticazione forte del cliente (SCA – Strong Customer Authentication) verrà affinata per bilanciare meglio sicurezza e user experience, riducendo i tassi di abbandono nei processi di pagamento.
Responsabilità e tutela dei consumatori: maggiore chiarezza sulla ripartizione delle responsabilità in caso di frodi o malfunzionamenti nei servizi offerti da TPP, con obblighi più stringenti di comunicazione e trasparenza verso i clienti.
Per il mercato italiano, questi sviluppi sono particolarmente rilevanti. Operatori come Nexi, leader nazionale nei pagamenti digitali, stanno già investendo massicciamente nell’evoluzione delle proprie piattaforme API per offrire servizi sempre più sofisticati a merchant e fintech partner.
FIDA: la vera rivoluzione dell’open finance
Il Financial Data Access Framework (FIDA) rappresenta il salto qualitativo verso l’open finance completo. Attualmente in fase di proposta legislativa, FIDA mira a creare un quadro armonizzato per la condivisione dei dati finanziari che vada ben oltre i conti di pagamento.
Ampliamento delle categorie di dati: FIDA includerà dati su mutui, prestiti personali, carte di credito, portafogli di investimento, fondi pensione, assicurazioni e prodotti di risparmio. Un cliente potrà autorizzare la condivisione di informazioni sulla propria posizione debitoria complessiva, sulla composizione del portafoglio investimenti, o sui premi assicurativi pagati.
Neutralità tecnologica e settoriale: il framework non si limiterà agli istituti finanziari regolamentati ma potrà coinvolgere anche BigTech, utility, operatori telco e qualsiasi soggetto che detenga dati finanziari rilevanti per i consumatori.
Dashboard per il cliente: FIDA introdurrà strumenti standardizzati che permetteranno ai clienti di visualizzare e gestire tutti i consensi concessi per l’accesso ai propri dati finanziari, con la possibilità di revocarli in qualsiasi momento.
Interoperabilità paneuropea: uno degli obiettivi principali è garantire che i servizi di open finance funzionino senza frizioni attraverso tutti gli stati membri, eliminando le frammentazioni nazionali che ancora caratterizzano il mercato.
Per l’Italia, FIDA rappresenta un’opportunità strategica. Il Paese può posizionarsi come hub di innovazione finanziaria, sfruttando la presenza di gruppi bancari tecnologicamente avanzati come Intesa Sanpaolo, che ha già lanciato la propria piattaforma di open banking con oltre 200 API disponibili per sviluppatori terzi, o illimity, la banca digitale guidata da Corrado Passera che ha fatto dell’open innovation un pilastro strategico.
API finanziarie: il linguaggio comune dell’ecosistema
Al centro dell’open finance vi sono le API (Application Programming Interfaces), interfacce software che permettono a sistemi diversi di comunicare e scambiare dati in modo sicuro e standardizzato. Le API finanziarie non sono semplici connettori tecnici, ma rappresentano il linguaggio comune attraverso cui si costruisce l’ecosistema collaborativo.
Tipologie di API nell’open finance
API per l’accesso ai dati (data access): permettono a terze parti autorizzate di leggere informazioni su conti, transazioni, saldi, storico pagamenti e, in prospettiva FIDA, anche su investimenti, prestiti e assicurazioni.
API per l’iniziazione di operazioni (action initiation): consentono di eseguire azioni come iniziare un pagamento, effettuare un bonifico, richiedere un prestito o sottoscrivere un prodotto di investimento.
API per servizi value-added: espongono funzionalità specializzate come scoring creditizio, analisi dei pattern di spesa, categorizzazione automatica delle transazioni, previsioni di flussi di cassa.
API per identity e KYC: facilitano processi di identificazione digitale e onboarding remoto, condividendo informazioni di Know Your Customer già verificate.
Standardizzazione e interoperabilità
Uno dei principali ostacoli all’adozione su larga scala dell’open finance è stata la frammentazione degli standard API. Ogni banca ha implementato le proprie API in modo diverso, costringendo fintech e TPP a sviluppare integrazioni separate per ciascun istituto.
In Europa si stanno affermando standard come STET (Francia), PolishAPI (Polonia) e Berlin Group (iniziativa paneuropea). In Italia, il CBI (Consorzio Bancomat Interbancario) ha svolto un ruolo importante nel promuovere l’adozione di standard comuni, facilitando l’interoperabilità tra banche e riducendo i costi di integrazione.
Gruppo Sella, pioniere nel banking digitale italiano, ha sviluppato Fabrick, una piattaforma di Open Banking as a Service che offre a banche e fintech un set completo di API standardizzate, gestione delle autenticazioni, monitoraggio delle performance e compliance normativa integrata. Fabrick permette a realtà più piccole di accedere alle opportunità dell’open finance senza dover investire massicciamente in infrastrutture proprietarie.
Ecosistemi collaborativi: banche, fintech e corporate
L’open finance sta trasformando il mercato da un modello competitivo a somma zero (dove il guadagno di un attore è la perdita di un altro) a un modello collaborativo basato su ecosistemi in cui il valore viene creato congiuntamente.
Il nuovo ruolo delle banche tradizionali
Le banche tradizionali stanno evolvendo da fornitori monolitici di servizi finanziari a orchestratori di ecosistemi. Invece di cercare di fare tutto internamente, si posizionano come piattaforme che integrano servizi propri e di terze parti, offrendo ai clienti la migliore combinazione disponibile sul mercato.
Intesa Sanpaolo, attraverso la propria piattaforma di open banking, non solo espone le proprie API ma integra anche servizi di fintech partner, creando un marketplace di soluzioni finanziarie accessibile ai propri 14 milioni di clienti retail. Questo approccio permette alla banca di ampliare la propria offerta senza dover sviluppare tutte le competenze internamente, mantenendo al contempo la relazione fiduciaria con il cliente.
Banca Sella, con il brand Hype, ha creato un conto corrente digitale che funge da aggregatore di servizi finanziari di terze parti, permettendo ai clienti di gestire investimenti, risparmi e pagamenti in un’unica app, anche quando i servizi sottostanti sono forniti da operatori diversi.
Fintech: da disruptor a partner strategici
Le fintech, inizialmente percepite come minacce esistenziali per le banche tradizionali, stanno diventando partner complementari in ecosistemi ibridi. La loro capacità di innovare rapidamente e di concentrarsi su nicchie specifiche le rende alleati preziosi per le banche che cercano di digitalizzarsi.
Satispay, con oltre 3,5 milioni di utenti in Italia, ha stretto partnership con diverse banche per offrire servizi di conto e carta integrati con il proprio sistema di pagamenti peer-to-peer. Invece di competere frontalmente, Satispay si posiziona come layer di innovazione che arricchisce l’offerta delle banche partner.
Tinaba, l’app di pagamento del Gruppo Banca Profilo, rappresenta un esempio di fintech “nativa” all’interno di un gruppo bancario tradizionale, dimostrando come i confini tra i due mondi si stiano progressivamente sfumando.
Corporate e embedded finance
Un terzo attore sta emergendo con forza nell’ecosistema dell’open finance: le aziende non finanziarie che integrano servizi finanziari nella propria offerta commerciale. Questo fenomeno, noto come embedded finance, è reso possibile proprio dall’open finance e dalle API.
Enel X, la divisione innovativa del gruppo energetico italiano, ha integrato servizi di finanziamento per l’acquisto di impianti fotovoltaici e sistemi di accumulo direttamente nel proprio processo di vendita, collaborando con partner finanziari attraverso API che permettono l’erogazione istantanea di prestiti finalizzati.
Arval, società di noleggio a lungo termine del gruppo BNP Paribas presente in Italia, offre servizi finanziari embedded (assicurazioni, manutenzione, gestione multe) completamente integrati nel processo di noleggio, utilizzando API finanziarie per orchestrare servizi di diversi provider.

Casi d’uso concreti: credito, pagamenti, factoring, investimenti
L’open finance non è teoria astratta ma si traduce in applicazioni concrete che stanno già trasformando diversi segmenti del mercato finanziario italiano.
Credito: sottoscrizione istantanea e credit scoring alternativo
Nel settore del credito al consumo e alle imprese, l’open finance sta rivoluzionando i processi di valutazione del merito creditizio e di erogazione dei prestiti.
Credito Digitale, piattaforma italiana di direct lending, utilizza API di open banking per accedere ai dati transazionali dei richiedenti e sviluppare modelli di credit scoring basati sui flussi di cassa reali invece che su parametri tradizionali spesso obsoleti. Una PMI può ottenere un prestito in poche ore invece che in settimane, con il processo di valutazione che analizza automaticamente fatturato, regolarità dei pagamenti ricevuti, esposizione verso i fornitori.
Compass, società finanziaria del Gruppo Mediobanca, ha lanciato soluzioni di prestito personale che sfruttano l’open banking per velocizzare l’istruttoria: il cliente autorizza l’accesso ai propri dati bancari e il sistema valuta automaticamente la capacità di rimborso, riducendo i tempi di approvazione da giorni a ore.
L’impatto per le PMI italiane è particolarmente significativo. Tradizionalmente penalizzate da processi di istruttoria bancaria lenti e basati su garanzie reali, le piccole imprese possono ora accedere a finanziamenti basati su dati oggettivi relativi alla propria attività operativa, superando il razionamento del credito che ha caratterizzato gli anni post-crisi.
Pagamenti: orchestrazione intelligente e ottimizzazione dei costi
L’open banking ha trasformato radicalmente il settore dei pagamenti digitali, creando alternative ai circuiti tradizionali delle carte di credito e debito.
Satispay ha costruito un network proprietario che connette direttamente i conti bancari degli utenti con i merchant, bypassando i circuiti carte e riducendo drasticamente i costi di transazione per gli esercenti (commissioni inferiori all’1% contro il 2-3% delle carte). Per i consumatori, Satispay offre cashback, programmi fedeltà e split payment, funzionalità rese possibili dall’accesso diretto ai dati transazionali.
Axerve (ex Banca Sella Pagamenti), processore di pagamenti italiano, ha sviluppato una piattaforma di payment orchestration che permette ai merchant di accettare tutti i metodi di pagamento disponibili (carte, wallet digitali, bonifici istantanei, buy now pay later) attraverso un’unica integrazione API, ottimizzando automaticamente il routing delle transazioni per minimizzare costi e massimizzare i tassi di conversione.
Invoice financing: liquidità immediata per le PMI
Il settore del factoring e dell’invoice financing sta vivendo una trasformazione radicale grazie all’open finance. In Italia, dove i ritardi di pagamento tra imprese rappresentano un problema strutturale, la possibilità di cedere crediti commerciali in modo rapido e digitale offre alle PMI uno strumento vitale di gestione della liquidità.
Credimi, piattaforma italiana di invoice financing (acquistata dal gruppo spagnolo Bankinter ma con forte presenza operativa in Italia), utilizza API di open banking per valutare in tempo reale l’affidabilità dei debitori e dei creditori. Una PMI può caricare una fattura sulla piattaforma, il sistema verifica automaticamente la storicità dei rapporti commerciali, la puntualità dei pagamenti passati del debitore e la solidità finanziaria del creditore, erogando l’anticipo in poche ore.
ScaleUp Finance, società italiana specializzata in supply chain finance, ha sviluppato una piattaforma che connette grandi corporate con la propria catena di fornitura, permettendo ai fornitori di ottenere pagamenti anticipati sulle fatture approvate dai buyer. L’integrazione via API con i sistemi ERP delle aziende rende il processo completamente automatizzato: la fattura viene emessa, approvata dal buyer, immediatamente finanziata dalla piattaforma al fornitore e rimborsata alla scadenza dal buyer.
Investimenti: robo-advisory e gestione patrimoniale democratizzata
Nel wealth management, l’open finance sta abbattendo le barriere che tradizionalmente separavano la consulenza finanziaria sofisticata (riservata a clienti HNWI) dai piccoli risparmiatori.
Moneyfarm, piattaforma italiana di gestione patrimoniale digitale, utilizza API per aggregare informazioni da conti bancari, conti di investimento e altri asset del cliente, fornendo una visione olistica del patrimonio e consigli di allocazione personalizzati. I clienti possono collegare i propri portafogli esterni e ricevere analisi di asset allocation, diversificazione geografica e settoriale, profilo di rischio, tutto elaborato automaticamente.
Euclidea, società italiana di consulenza finanziaria indipendente, ha sviluppato una piattaforma che integra via API dati da diverse banche depositarie, permettendo ai consulenti di offrire servizi di reportistica unificata e ribilanciamento automatico dei portafogli anche quando i clienti hanno asset distribuiti su più istituzioni.
Flowe, il conto corrente sostenibile del Gruppo Mediolanum, integra funzionalità di micro-investimento automatico: il sistema arrotonda gli acquisti effettuati con carta al euro superiore e investe automaticamente la differenza in fondi ESG, utilizzando API di pagamento per intercettare le transazioni e API di trading per eseguire gli investimenti.
Opportunità strategiche per le fintech italiane
L’ecosistema fintech italiano, pur partendo da una posizione di ritardo rispetto a mercati come UK, Germania o Olanda, sta registrando una crescita significativa. Il valore degli investimenti nel settore è cresciuto da 200 milioni di euro nel 2018 a oltre 1 miliardo nel 2023, e l’open finance rappresenta il catalizzatore principale di questa espansione.
Specializzazione verticale e servizi di nicchia
L’open finance permette alle fintech di concentrarsi su segmenti specifici senza dover costruire l’intera infrastruttura bancaria. Una startup può sviluppare un’eccellente piattaforma di gestione delle spese aziendali senza dover ottenere una licenza bancaria, semplicemente integrando via API i servizi di conti di pagamento, carte aziendali e reporting fiscale offerti da partner bancari e fintech specializzati.
Qonto, piattaforma di gestione finanziaria per PMI e professionisti (fondata da italiani, seppur con sede in Francia), offre conti business, carte aziendali, gestione delle spese e contabilità integrata, orchestrando servizi di diversi provider attraverso API. Il modello è replicabile in Italia da fintech che si concentrano su verticali specifici: ristoratori, professionisti sanitari, e-commerce, freelance.
Banking-as-a-Service: le banche come fornitori di infrastruttura
Alcune banche italiane stanno evolvendo verso modelli di Banking-as-a-Service (BaaS), offrendo la propria infrastruttura regolamentata come servizio a fintech e aziende che vogliono offrire prodotti finanziari brandizzati senza ottenere licenze bancarie.
Gruppo Sella, attraverso Fabrick, permette a fintech e corporate di emettere conti di pagamento, carte, IBAN, servizi di bonifico istantaneo, tutto sotto licenza bancaria Sella ma con branding e interfaccia personalizzati dal partner. Startup innovative possono così lanciare prodotti finanziari completi in pochi mesi invece che anni.
illimity ha lanciato illimity Bank as a Service, piattaforma modulare che permette a partner terzi di integrare servizi di conto, credito e investimenti. Ad esempio, un’azienda telco potrebbe offrire ai propri clienti un conto corrente co-branded con carta di pagamento inclusa, utilizzando l’infrastruttura e la licenza di illimity.
Embedded finance: portare i servizi finanziari ovunque
L’embedded finance rappresenta il segmento con il maggior potenziale di crescita. Le fintech italiane possono posizionarsi come enabler che permettono a merchant, marketplace, piattaforme digitali di integrare servizi finanziari nella propria customer journey.
Una piattaforma di e-commerce può offrire finanziamenti rateali al momento del checkout, integrandosi via API con provider di consumer lending. Un marketplace B2B può offrire servizi di invoice financing ai propri venditori, collaborando con piattaforme specializzate. Un’app di mobility può includere assicurazioni microdurata per singoli viaggi, interfacciandosi con insurtech.
Scalapay, fintech italiana (ora con forte presenza anche internazionale) specializzata nel Buy Now Pay Later, rappresenta un esempio perfetto: consente a merchant online e offline di offrire rateizzazioni istantanee a zero interessi per il consumatore, monetizzando attraverso commissioni pagate dal merchant e gestendo internamente il rischio di credito.

Sfide e ostacoli da superare
Nonostante le enormi potenzialità, l’adozione su larga scala dell’open finance deve ancora affrontare sfide significative che richiedono sforzi coordinati da parte di regolatori, operatori e associazioni di settore.
Qualità e affidabilità delle API
Uno dei problemi più citati dalle fintech è l’inaffidabilità delle API bancarie. Molte banche hanno implementato gli obblighi PSD2 con il minimo sforzo necessario, offrendo API con uptime insufficiente, velocità di risposta lenta, documentazione carente e supporto tecnico inadeguato. Questo genera frustrazione negli sviluppatori e peggiora l’esperienza utente finale.
PSD3 dovrà introdurre KPI vincolanti sulla qualità delle API: uptime minimo del 99%, tempi di risposta garantiti, procedure di escalation in caso di problemi tecnici. Inoltre, le banche dovranno offrire ambienti di test (sandbox) che replicano fedelmente l’ambiente di produzione, accelerando lo sviluppo e riducendo gli errori.
Frammentazione degli standard
Nonostante gli sforzi di standardizzazione, esistono ancora differenze significative nell’implementazione delle API tra diverse banche. Una fintech che vuole integrarsi con 10 banche italiane deve spesso sviluppare 10 integrazioni diverse, con costi e complessità che limitano la scalabilità.
L’adozione massiva di standard comuni come Berlin Group NextGenPSD2 e il supporto attivo di consorzi come il CBI in Italia sono essenziali per ridurre questa frammentazione. Le istituzioni pubbliche potrebbero anche svolgere un ruolo, incentivando economicamente l’adozione di standard condivisi.
Privacy e sicurezza dei dati
L’open finance si basa sulla condivisione massiva di dati finanziari personali, sollevando inevitabili preoccupazioni su privacy e sicurezza. I consumatori devono avere piena consapevolezza di quali dati stanno condividendo, con chi, per quali finalità e per quanto tempo.
Il framework GDPR europeo fornisce una base solida, ma servono strumenti pratici che rendano la gestione dei consensi semplice e trasparente. Dashboard intuitive che mostrino tutti i consensi attivi, con possibilità di revoca immediata, sono essenziali per costruire fiducia. Inoltre, occorre chiarezza sulla responsabilità in caso di data breach: chi risponde se i dati condivisi tramite API vengono compromessi?
Educazione finanziaria e digital literacy
Per molti consumatori, concetti come API, open banking, aggregazione dei dati rimangono oscuri. La diffusione dell’open finance richiede un significativo sforzo di educazione finanziaria, spiegando vantaggi concreti in linguaggio accessibile.
Associazioni di consumatori, istituzioni finanziarie e fintech devono collaborare in campagne di alfabetizzazione che mostrino casi d’uso pratici: “grazie all’open banking puoi vedere tutti i tuoi conti in un’unica app”, “puoi ottenere un prestito in poche ore invece che settimane”, “puoi risparmiare centinaia di euro all’anno passando automaticamente al fornitore più conveniente”.
Asimmetrie competitive e gatekeeper
Esiste il rischio che grandi player tecnologici (BigTech) sfruttino l’open finance per consolidare posizioni dominanti. Se Google, Apple o Amazon entrano massicciamente nei servizi finanziari sfruttando la propria base clienti, potrebbero marginalizzare sia banche tradizionali che fintech innovative.
La regolamentazione deve prevenire comportamenti anticoncorrenziali, garantendo parità di accesso ai dati e impedendo che i dati raccolti per un servizio vengano utilizzati per ottenere vantaggi sleali in altri mercati. Il Digital Markets Act europeo rappresenta un primo passo in questa direzione, designando i gatekeeper e imponendo loro obblighi di interoperabilità.
Il futuro prossimo: scenari evolutivi
Guardando ai prossimi 5-10 anni, l’open finance evolverà secondo diverse traiettorie che ridisegneranno completamente il panorama finanziario.
Invisible banking: finanza integrata nella vita quotidiana
I servizi finanziari diventeranno progressivamente invisibili, integrati seamlessly nelle attività quotidiane. Non “andremo in banca” ma utilizzeremo servizi finanziari embedded nei contesti dove viviamo, lavoriamo, acquistiamo.
Un professionista potrebbe ricevere automaticamente un’offerta di prestito personalizzata mentre acquista un’auto online, con valutazione del merito creditizio istantanea basata sui dati transazionali. Una PMI potrebbe ottenere finanziamento automatico delle proprie scorte di magazzino basato su AI che prevede i flussi di vendita futuri, senza dover compilare domande di prestito.
Super-app e marketplace finanziari
Sul modello asiatico (WeChat, Alipay), potrebbero emergere super-app europee che aggregano servizi finanziari di decine di provider diversi, permettendo ai consumatori di costruire il proprio “banking su misura”.
Revolut, pur non essendo italiana, ha aperto la strada con la propria app che integra conto, carte, investimenti, assicurazioni, trading crypto. Realtà italiane come Intesa Sanpaolo, con la sua app ISYBANK dedicata ai nativi digitali, stanno costruendo ecosystem simili, integrando servizi propri e di partner terzi in un’unica interfaccia.
Hyper-personalizzazione basata su AI
L’abbondanza di dati finanziari resa disponibile dall’open finance alimenterà algoritmi di intelligenza artificiale sempre più sofisticati, capaci di offrire consulenza finanziaria personalizzata a costo quasi zero.
Un’AI potrebbe analizzare le abitudini di spesa di una famiglia, confrontarle con benchmark di famiglie simili, identificare aree di ottimizzazione (abbonamenti inutilizzati, assicurazioni sovrapprezzate, opportunità di risparmio fiscale) e proporre automaticamente soluzioni, orchestrando il passaggio tra provider attraverso API.
Identità digitale e credential portability
La possibilità di portare con sé la propria storia finanziaria diventerà un diritto fondamentale del consumatore. Un cliente che cambia banca non dovrà più ricostruire da zero la relazione, ma potrà trasferire istantaneamente tutto lo storico transazionale, le preferenze, i profili di rischio.
La SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale) italiana e l’incipiente European Digital Identity Wallet potrebbero integrarsi con i sistemi di open finance, creando un’identità finanziaria portabile che semplifica drasticamente i processi di onboarding e riduce le asimmetrie informative tra clienti e fornitori.
Regolamentazione adattiva e sandboxes
I regolatori evolveranno verso modelli più agili, con regulatory sandboxes che permettono di testare innovazioni in ambienti controllati prima di introdurle su larga scala. La Banca d’Italia e la CONSOB hanno già lanciato iniziative in questa direzione, offrendo a startup innovative la possibilità di sperimentare nuovi modelli di business con supervisione attenuata.
competere attraverso l’apertura? Sì, è possibile
La lezione fondamentale dell’open finance è controintuitiva rispetto alla logica tradizionale del settore bancario: si compete attraverso l’apertura, non attraverso la chiusura. Le banche che cercheranno di proteggere i propri dati e di mantenere modelli proprietari chiusi si troveranno progressivamente marginalizzate. Al contrario, gli operatori che abbracceranno la logica dell’ecosistema, esponendo le proprie capacità attraverso API e integrando servizi di terze parti, costruiranno vantaggi competitivi sostenibili.
Per le fintech italiane, l’open finance rappresenta un’opportunità storica di colmare il gap con mercati più maturi. La combinazione di un framework normativo favorevole (PSD3, FIDA), di infrastrutture tecnologiche sempre più mature e di un ecosistema imprenditoriale vivace può trasformare l’Italia in un hub di innovazione finanziaria europea.
Per i regolatori, la sfida è bilanciare innovazione e tutela, permettendo la sperimentazione senza compromettere la stabilità del sistema finanziario e la protezione dei consumatori. Il modello europeo, basato su regole chiare e armonizzate, offre un template più equilibrato rispetto al modello americano (più permissivo ma frammentato) o a quello cinese (più controllato ma meno trasparente).
Per i consumatori, l’open finance promette servizi finanziari più accessibili, più convenienti, più personalizzati. La frammentazione attuale – conti in una banca, mutuo in un’altra, investimenti altrove, assicurazioni distribuite tra molteplici provider – lascerà il posto a una visione unificata e gestibile del proprio patrimonio finanziario.
La banca del futuro non sarà un edificio fisico né un’app proprietaria, ma un layer di orchestrazione che connette in modo intelligente prodotti, servizi, dati e capacità provenienti da un ecosistema distribuito di specialisti. La competizione non sarà più su chi detiene i dati o chi offre il maggior numero di servizi, ma su chi riesce a creare la migliore esperienza per il cliente, integrando il meglio disponibile sul mercato.
Questo futuro non è lontano: è già qui, in fase embrionale. Gli operatori che sapranno interpretare tempestivamente questi segnali e adattare le proprie strategie alla logica dell’ecosistema costruiranno i vantaggi competitivi del prossimo decennio. Quelli che resisteranno al cambiamento, ancorati alla logica proprietaria del passato, rischiano l’irrilevanza.
L’open finance non è una scelta, è un’inevitabilità. La domanda non è se accadrà, ma quanto rapidamente e chi saprà guidare questa trasformazione costruendo valore per tutti gli stakeholder dell’ecosistema.
