Monete Bitcoin color viola che rappresentano il concetto di stablecoin e criptovalute digitali.

Stablecoin Europa: rischi concreti o guerra per la sovranità monetaria?

Una analisi obiettiva sulle stablecoin in Europa: tra allarmi ESRB, regolamento MiCAR e battaglia geopolitica. Rischi reali o retorica istituzionale?

L’allarme lanciato dall’European Systemic Risk Board (ESRB) sulle stablecoin come “minaccia per la stabilità finanziaria dell’Unione” ha riacceso il dibattito sulla regolamentazione delle criptovalute in Europa.

Ma quanto c’è di concreto in questi timori? Un’analisi equilibrata rivela un quadro più complesso, dove rischi reali si mescolano a preoccupazioni geopolitiche, interessi istituzionali e alcune esagerazioni che meritano di essere chiamate per nome.

I rischi concreti delle stablecoin per l’Europa

Il problema della co-emissione transfrontaliera

L’ESRB ha identificato una vulnerabilità tecnica legittima: le stablecoin emesse congiuntamente da entità europee ed extra-europee creano un rischio di contagio difficile da gestire.

Il meccanismo è semplice ma insidioso. Quando una stablecoin viene emessa simultaneamente da un’entità autorizzata nell’UE e una fuori dall’UE, con token fungibili e indistinguibili, una crisi di fiducia verso l’emittente estero può rapidamente propagarsi all’emittente europeo.

In caso di “bank run” digitale, i detentori cercherebbero di convertire i propri token presso qualsiasi emittente disponibile, mettendo sotto pressione le riserve dell’operatore europeo anche se questo fosse perfettamente solvibile.

Il regolamento MiCAR, entrato in vigore nel 2024, non prevede esplicitamente questo modello. Una zona grigia normativa che l’ESRB chiede di colmare entro la fine del 2025.

La questione Tether: trasparenza e rischio sistemico

Il rapporto dell’ESRB solleva preoccupazioni concrete sulla principale stablecoin mondiale, Tether (USDT), che capitalizza oltre 100 miliardi di dollari.

Mentre il 90% delle riserve è dichiarato come detenuto in dollari statunitensi e strumenti del mercato monetario a breve termine, persiste “una mancanza di trasparenza sulle restanti componenti, come le esposizioni in asset digitali”.

Questa opacità non è banale. In caso di crisi di fiducia generalizzata, una corsa improvvisa ai rimborsi potrebbe costringere Tether a vendere rapidamente titoli di Stato americani per decine di miliardi, generando turbolenze sui mercati finanziari globali.

Precedenti come il crollo di TerraUSD nel 2022, che evaporò da 18 miliardi di dollari a zero in pochi giorni, dimostrano che questi scenari non sono puramente teorici. È già successo.

Concentrazione del mercato: troppo potere in poche mani

Il Financial Stability Board e l’ESRB concordano su un punto critico: la concentrazione del mercato delle stablecoin.

I tre principali custodian di criptoasset gestiscono quasi il 40% del totale globale di 235 miliardi di dollari. Inoltre, i “multi-function groups” – conglomerati che combinano emissione, scambio e custodia – operano spesso con strutture societarie opache e praticano arbitraggio regolamentare transfrontaliero.

Difficile sorvegliare chi si muove tra le giurisdizioni come un prestigiatore.

Episodi recenti di stress di mercato hanno innescato liquidazioni per circa 20 miliardi di dollari in singoli eventi, evidenziando quanto rapidamente lo shock possa propagarsi attraverso un ecosistema così interconnesso e concentrato.

Dove l’Europa esagera sui rischi delle stablecoin

Dimensioni relative: un allarme sproporzionato

Nonostante l’allarmismo, è fondamentale contestualizzare le cifre.

Il mercato globale delle stablecoin ha superato i 300 miliardi di dollari a metà 2025, pari al 7,5% del totale delle cripto-attività. Cifra impressionante in termini assoluti, ma ancora marginale rispetto al sistema finanziario tradizionale: per confronto, i depositi bancari nell’eurozona ammontano a oltre 12.000 miliardi di euro.

Inoltre, la presenza delle stablecoin in Europa è di diversi ordini di grandezza inferiore rispetto agli Stati Uniti. Le stablecoin denominate in euro rappresentano appena l’1% del mercato globale.

Parlare di “minaccia sistemica” per un fenomeno che vale meno dello 0,3% dei depositi bancari europei appare quantomeno prematuro. Forse esagerato.

Impatto bancario: apocalisse o normale transizione?

L’ESRB avverte che “la rapida espansione delle stablecoin potrebbe incidere sulla capacità delle banche di sostenere l’economia reale”, poiché i fondi convertiti in token digitali ridurrebbero i depositi tradizionali.

Tuttavia, questo scenario presuppone una migrazione massiccia e istantanea, che allo stato attuale appare implausibile.

Gli studi preliminari della BCE sull’euro digitale mostrano che, anche in presenza di una crisi bancaria di ampia portata, i deflussi verso portafogli digitali rimarrebbero contenuti se venissero imposti limiti di detenzione (come i 3.000 euro per cittadino proposti).

Ironicamente, questo significa che il vero rischio di fuga di liquidità deriverebbe dalle stablecoin private senza tetto massimo, non dall’euro digitale stesso. La soluzione proposta potrebbe essere proprio ciò che rende plausibile lo scenario temuto.

La vera posta in gioco: sovranità monetaria vs. dollaro digitale

Stablecoin Europa: il 99% è in dollari

Dietro il linguaggio tecnico sui “rischi di stabilità finanziaria”, emerge chiaramente la vera preoccupazione europea: la sovranità monetaria.

Il 99% delle stablecoin è ancorato al dollaro, e il rapporto dell’ESRB è esplicito: “L’espansione delle stablecoin denominate in valute estere può minare la sovranità monetaria dell’Unione e gli obiettivi di integrazione finanziaria”.

Non è un caso che il rapporto sottolinei come le riserve delle stablecoin siano “per lo più investite in attività denominate in dollari”, contribuendo a “indebolire gli obiettivi dell’Unione per un mercato dei capitali integrato e autonomo”.

In altre parole: ogni cittadino europeo che acquista USDT sta finanziando il Tesoro degli Stati Uniti e rafforzando la posizione del dollaro come valuta di riserva globale.

La strategia americana: Genius Act e dollarizzazione digitale

La dimensione geopolitica è ulteriormente confermata dalla strategia statunitense. L’amministrazione Trump ha promosso attivamente le stablecoin attraverso il Genius Act, che crea un quadro normativo favorevole per gli emittenti di stablecoin denominati in dollari. Il paradosso è evidente: mentre gli Stati Uniti vietano l’emissione di un dollaro digitale pubblico da parte della Federal Reserve, permettono agli emittenti privati di depositare le riserve presso la banca centrale, creando di fatto un “dollaro digitale ibrido” la cui distribuzione è affidata ai privati.

Questa strategia mira esplicitamente a “rafforzare la domanda di titoli del Tesoro e consolidare il ruolo internazionale del dollaro” – obiettivo che l’ESRB stesso riconosce come uno dei fattori che hanno favorito la crescita delle stablecoin. In un mondo sempre più multipolare, la battaglia per la supremazia monetaria si gioca anche sul terreno digitale.

Le contraddizioni della risposta europea alle stablecoin

MiCAR: protezione o autogol regolamentare?

Il regolamento MiCAR rappresenta il tentativo più ambizioso al mondo di creare un quadro normativo completo per le cripto-attività.

Tuttavia, l’approccio europeo rischia di rivelarsi controproducente. Il CEO di Tether, Paolo Ardoino, ha definito le regole MiCAR “significativi problemi bancari” per gli emittenti, citando l’obbligo di depositare il 60% delle riserve presso istituti bancari europei: “Se hai 10 miliardi di euro in gestione, devi mettere 6 miliardi di euro in depositi di liquidità”.

Il risultato?

Tether, con oltre 100 miliardi di capitalizzazione, ha lasciato l’Europa spostandosi da Lugano a El Salvador. Ora l’ESRB si lamenta che “Tether continua a rappresentare un potenziale rischio” operando fuori dal perimetro MiCAR, ma essendo “ancora ampiamente utilizzata da investitori europei”.

È un classico circolo vizioso: regole così stringenti da espellere i principali operatori, che continuano però a servire il mercato europeo attraverso canali meno controllabili.

L’euro digitale: soluzione limitata per un problema reale

La BCE presenta l’euro digitale come “una solida linea di difesa della sovranità monetaria europea”. Tuttavia, i vincoli proposti ne minano seriamente l’utilità pratica. Il limite di 3.000 euro per cittadino – pensato per non danneggiare le banche – non permette nemmeno l’acquisto di un computer professionale o di uno scooter, figuriamoci l’anticipo per un’automobile. Come si può definire “denaro” qualcosa che non può essere usato per acquisti di media entità?

Inoltre, circa un terzo delle comunicazioni pubbliche della BCE e del suo Board sono ormai dedicate all’euro digitale e alle stablecoin, con un ritmo che ha sensibilmente accelerato nelle ultime settimane.

Questo attivismo rivela quanto la banca centrale si senta minacciata dal fenomeno: non tanto per ragioni di stabilità finanziaria immediata, quanto per la potenziale disintermediazione del sistema bancario tradizionale e la perdita di controllo sulla politica monetaria.

Scenari futuri per le stablecoin in Europa

Scenario 1: status quo con tensioni crescenti (probabilità: 40%)

L’Europa mantiene l’attuale approccio rigoroso con MiCAR, continuando a spingere per l’euro digitale senza modifiche sostanziali.

Le stablecoin in dollari continuano a dominare il mercato globale, servendo anche gli utenti europei attraverso exchange decentralizzati o piattaforme estere. Il mercato europeo rimane marginale (sotto il 2% globale), con operatori che preferiscono giurisdizioni più favorevoli.

Conseguenze: perdita di opportunità per l’ecosistema fintech europeo, continua dollarizzazione digitale, frustrazione crescente tra innovatori e utenti, possibile intensificazione delle tensioni transatlantiche sul tema valutario.

Scenario 2: compromesso pragmatico (probabilità: 35%)

La Commissione Europea, sotto pressione sia interna che internazionale, introduce modifiche a MiCAR per renderlo più equilibrato.

I requisiti di riserva bancaria vengono ammorbiditi, l’euro digitale viene ripensato con limiti più alti o flessibili, e l’Europa promuove attivamente consorzi bancari per emettere stablecoin in euro competitive.

Conseguenze: crescita graduale delle stablecoin in euro (5-10% del mercato entro il 2028), maggiore innovazione nell’ecosistema europeo, riduzione parziale della dipendenza dal dollaro, coesistenza più equilibrata tra soluzioni pubbliche (euro digitale) e private (stablecoin regolamentate).

Scenario 3: crisi catalizzatrice (probabilità: 20%)

Un evento di mercato significativo – crollo di una major stablecoin, hack massiccio, o crisi di liquidità – convalida i timori dell’ESRB e fornisce la giustificazione politica per un giro di vite ancora più severo.

L’UE impone restrizioni drastiche sull’accesso alle stablecoin non conformi, accelera l’implementazione dell’euro digitale, e potrebbe introdurre sanzioni per piattaforme che facilitano l’accesso a stablecoin non autorizzate.

Conseguenze: isolamento tecnologico dell’Europa dal mercato crypto globale, fuga di talenti e aziende verso giurisdizioni più favorevoli, intensificazione del conflitto regolamentare globale, possibile frammentazione del mercato digitale mondiale lungo linee geopolitiche.

Scenario 4: breakthrough tecnologico-normativo (probabilità: 5%)

Un’innovazione tecnica – come stablecoin algoritmiche di nuova generazione effettivamente stabili, o soluzioni di interoperabilità tra stablecoin pubbliche e private – rende obsoleto l’attuale dibattito.

L’Europa e gli Stati Uniti trovano un terreno comune attraverso accordi di mutuo riconoscimento e standard condivisi, creando un mercato digitale transatlantico integrato.

Conseguenze: riduzione sostanziale dei rischi sistemici attraverso l’innovazione tecnica, cooperazione internazionale rafforzata, emergere di standard globali, Europa che riacquista competitività nell’innovazione fintech.

Cosa serve davvero all’Europa per le stablecoin

L’allarme dell’ESRB sulle stablecoin non può essere liquidato come mera retorica istituzionale.

Esistono rischi concreti legati alla trasparenza, alla concentrazione del mercato, e ai modelli di emissione ibridi che meritano attenzione normativa seria. Precedenti come TerraUSD dimostrano che i crolli crypto possono essere rapidi e devastanti.

Tuttavia, è altrettanto chiaro che dietro il linguaggio tecnico sulla “stabilità finanziaria” si cela una battaglia geopolitica per la sovranità monetaria. Il vero timore europeo non è tanto un collasso sistemico imminente – le dimensioni del fenomeno non lo giustificano ancora – quanto la progressiva dollarizzazione digitale dell’economia e la perdita di controllo sulla politica monetaria da parte delle istituzioni tradizionali.

Le contraddizioni dell’approccio europeo sono evidenti: regole così stringenti da espellere i principali operatori, che poi vengono accusati di operare fuori controllo; un euro digitale così limitato da risultare poco competitivo; una retorica allarmista che non corrisponde alle dimensioni effettive del rischio sistemico attuale.

Quattro mosse necessarie per l’Europa

1. Riconoscere che la regolamentazione eccessiva non protegge, ma espelle l’innovazione. MiCAR va ricalibrato per essere rigoroso ma non proibitivo, creando incentivi positivi per gli operatori conformi piuttosto che solo barriere.

2. Promuovere attivamente alternative in euro, sostenendo consorzi bancari e fintech europei nell’emissione di stablecoin competitive, con la BCE che fornisce garanzie pubbliche in casi selezionati per ridurre il rischio percepito.

3. Ripensare l’euro digitale con limiti più alti e funzionalità che lo rendano effettivamente utile per l’economia reale, non solo un esperimento di laboratorio.

4. Cooperare a livello internazionale per standard comuni, piuttosto che frammentare ulteriormente il mercato digitale globale con approcci divergenti.

Come conclude giustamente l’ESRB, “l’Unione non deve scegliere tra innovazione e stabilità: può promuovere entrambe, ma solo all’interno di un quadro normativo coerente”.

La sfida è trovare questo equilibrio prima che le decisioni vengano prese da altri, lasciando l’Europa spettatrice di una rivoluzione finanziaria che sta già accadendo.

FAQ sulle stablecoin in Europa

Le stablecoin rappresentano davvero una minaccia per la stabilità finanziaria europea?

Dipende dalla scala. Attualmente le stablecoin valgono meno dello 0,3% dei depositi bancari europei, quindi il rischio sistemico immediato è limitato. I rischi concreti riguardano principalmente la concentrazione del mercato (40% gestito da tre custodian), l’opacità di alcuni emittenti come Tether, e i modelli di co-emissione transfrontaliera non regolamentati da MiCAR. Il vero timore europeo è più geopolitico: il 99% delle stablecoin è in dollari, alimentando la dollarizzazione digitale dell’economia europea.

Perché Tether ha lasciato l’Europa e cosa significa per gli investitori?

Tether ha lasciato l’Europa (spostandosi da Lugano a El Salvador) a causa dei requisiti rigorosi del regolamento MiCAR, che obbliga gli emittenti a depositare il 60% delle riserve presso banche europee. Questo ha creato un paradosso: USDT è stata espulsa dal perimetro regolamentare europeo, ma continua a essere ampiamente utilizzata da investitori europei attraverso exchange decentralizzati o piattaforme estere, rendendo più difficile la supervisione. Per gli investitori europei significa operare in una zona grigia, con meno tutele regolatorie.


Vuoi capire meglio come il regolamento MiCAR impatta il mercato crypto europeo? Segui gli aggiornamenti normativi e le analisi sulla regolamentazione delle stablecoin per comprendere dove si muove davvero il mercato, al di là della retorica istituzionale.

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